Le Botteghe artigiane


Lavorazione delle lame

L’artigiano ha avuto un ruolo di primaria importanza nella storia di Frosolone. In primo luogo la lavorazione delle lame ha costituito, negli ultimi secoli, la principale attività economica, con risvolti sociali, umani e culturali che hanno investito l’intera collettività frosolonese.

Nel secolo scorso le botteghe più importanti erano quelle del falegname, del fabbro, del maniscalco, del ciabattino, dello scalpellino, del sarto e dei tanti piccoli commercianti che costituivano il tessuto economico della piccola società paesana.


Scalpellinaio

 

Il falegname costruiva sedie, cassepanche, cassettoni, madie, tavoli, porte, insomma tutto l’occorrente per l’arredamento domestico. Ma il suo ruolo andava oltre con la realizzazione delle botti e delle bare. Per queste ultime la lavorazione avveniva solo dopo il decesso. Ciò costringeva spesso il falegname a trascorrere l’intera notte al lavoro.

Il falegname il più delle volte era anche tinaio: fabbricava pionzera, tronchi di cono in legno per trasportare i prodotti della terra. Tra i più celebri falegnami si ricordano Luigi Cannavella, Antonio ed Enrico Verrillo, Maste Ludoviche e Mingo Russillo.

 


Vecchio artigiano frosolonese al lavoro

Il fabbro era lo specialista dei ferri per cavalli, catenacci per porte, zappe ed attrezzi agricoli. Più raramente costruiva ringhiere o grondaie. Per realizzare gli arnesi usava la forgia, più anticamente la pietra focale. Talvolta il fabbro diveniva veterinario, specie quando i ferri procuravano infezioni al cavallo. Tra i più noti fabbri vanno menzionati ru Ciance, i due Saverio ru ferrare (con botteghe sul mercato ed in via Filangieri) e Cosime ru ferrare.

Il bardaio (ru vardare) faceva la "varda" cioè il basto. I professionisti più celebri erano Maste Martine, Mechele ru vardare e Maste Pasquale.

 

Il ramaio costruiva invece gli utensili della cucina e le tine, i caldai che generalmente si regalavano alle spose. Il più noto era Peppino ru ramere.

Molto diffusa l’arte del sarto, esportata anche a Roma da validi rappresentanti frosolonesi (i più numerosi sono comunque quelli di Capracotta). Tra i sarti ricordiamo Lione e Gennaro Lione nonché Papele (Raffaele De Simone) e Americo Meale.

I calzolai preparavano due tipi di scarpe: per la campagna e per il paese. Si ricordano Diodato e Peppe Castelli.

 

Le cantine

Erano i luoghi che hanno anticipato gli odierni bar. Ci si riuniva per bere vino casereccio (più recente l’introduzione della birra) e giocare a carte. Tra i liquori dominava il vermouth. Attualmente sono scomparse ma sono vivi i ricordi di Palmarosa, Gino Di Iorio, Cosimo Di Nunzio, Luigino Feliceantonio lo Mastro, Lucia Lesti, Giovanni D’Abate(ru Ciance).