IL PRESCELTO

un romanzo di 
Tiziano Primerano

Agosto 2008


 Johnny Ciad era quel che si dice “un bravo ragazzo”.

Occhi castani, capelli biondo cenere, alto, fisico atletico. Era anche un ragazzo brillante. Si era laureato da poco in ingegneria aerospaziale.

Da qualche mese non aveva più contatti con Lisa, ormai la sua ex fidanzata. Lei frequentava l’ultimo anno di architettura a Roma, la stessa città dove Johnny aveva studiato. Una storia strana e burrascosa quella con Lisa Barilla. Ma ormai, come spesso succede, era una vicenda esaurita.

Johnny era sparito senza nessuna spiegazione.

Non aveva più risposto alle sue telefonate e nemmeno alle numerose e-mail che lei gli aveva inviato dopo l’ennesima accesa discussione.

Johnny Ciad ora viveva a Bracciano, nella provincia romana, in un vecchio casolare ristrutturato dal quale si dominava l’incantevole lago.

Non molto lontano dal casolare, il castello Odescalchi si mostrava in tutta la sua maestosità. Un gioiello importante appuntato sul petto di una donna seducente.

Era felice Johnny.

Da un mese, da quando aveva ricevuto quella telefonata, non stava più nei suoi panni, quasi non riusciva a crederci. Si sentiva baciato dalla buona sorte. Era la prima volta.

Prima o poi doveva toccare anche a me!

Era di lunedì quando la nota compagnia aerea AIRBIRD lo aveva contattato per un colloquio di lavoro. Dopo solo due giorni gli avevano comunicato telefonicamente che era stato assunto e che avrebbe dovuto presentarsi il giovedì mattina alle 9:00 presso gli uffici di Via Marconi a Roma e chiedere dell’ing. Bellisari.

Mercoledì notte Johnny non riuscì a chiudere occhio.

Sapeva benissimo che stava per iniziare una fase molto importante della sua vita. Dal quel lavoro dipendeva il suo futuro.

Fu quella notte che tutto ebbe inizio.

Si era infilato nel suo bel lettone poco dopo la mezzanotte e, dopo aver letto qualche pagina di “io uccido…” di Giorgio Faletti, sembrava cotto al punto giusto per lasciarsi andare tra le braccia accoglienti di Morfeo.

In quello stato di dormiveglia qualcosa però stava per contribuire a rendergli la nottata indimenticabile.

Sonnecchiava Johnny. Nella sua testa immagini e suoni ovattati.  Lisa … la telefonata … l’appuntamento …il lavoro … i profumi di maggio … la vista sul lago … il killer di “io uccido”, una serie veloce di forme, figure, ombre avvolte nella nebbia animavano il viaggio onirico di Johnny. 

Fu come un lampo, un bagliore dal colore bianco accecante con dei riflessi verde brillante quello che Johnny ebbe l’impressione di percepire.

Un grido monosillabo annegò nella sua gola.

Ora era sveglio ma ancora non riusciva a emettere suoni. Avvertì una sensazione di calore che gli percorreva tutto il corpo. Spalancò gli occhi assonnati, si guardò intorno e non scorse nulla di strano.

Guardò verso la grande finestra che affacciava sul lago, scese dal letto, si avvicinò e puntò dritto verso il meccanismo che faceva scorrere le tapparelle verso l’alto.

Dalla finestra entrò la luce della luna piena che brillava sul lago di Bracciano. L’aprì.

Era una notte bellissima. Il cielo stellato, le luci della notte che si riflettevano nel lago, l’ombra del castello che troneggiava sul colle, e un profumo ineguagliabile che solo il mese di maggio sa regalare.

Johnny pensò di aver sognato. Forse quel doppio cheesburger che aveva divorato qualche ora prima, innaffiandolo con una lattina di coca, si stava vendicando o le poche pagine di “io uccido…” che stava leggendo dovevano, in qualche modo, averlo turbato.

Decise di tornare a letto, l’aspettava una giornata molto importante.

Fu mentre si rimboccava le coperte che si accorse della temperatura della stanza. La sensazione di calore che la “luce” gli aveva lasciato addosso non dipendeva solo da una propria suggestione o da una cattiva digestione. Guardò verso la parte di destra dove era posizionato, appena sopra degli interruttori, lo strumento che rilevava la temperatura. Segnava 24° rispetto ai 18° che aveva visto prima di andare a letto.

Sei gradi in più.

Strano, molto strano!.

Una seconda occhiata verso il barometro contribuì a far passare completamente il sonno a Johnny. Il barometro segnava 24,5°. Ancora mezzo grado in più.

Un lampo. Ancora uno.

Improvviso e veloce come solo una saetta sa esserlo.

Questa volta Johnny era sveglio e aveva visto benissimo quel fulmine silenzioso, caldo, luminoso di un verde intenso avvolgere tutta la stanza che pareva assorbire e fare propria quella luce innaturale. Il tutto durò al massimo due secondi anche se a Johnny parve un’eternità.

Se ne stava lì immobile, con gli occhi sgranati e la bocca semiaperta, paralizzato. Il suo cervello era in black-out.

Dopo qualche secondo cominciò a riprendersi. Non sapeva cosa fare. Per una attimo pensò a Lisa.

Cosa stava succedendo?  Cos’era quello strano fenomeno?  Perché stava capitando proprio a lui?

Mentre nella sua testa regnava il caos diede un altro sguardo allo strumento sul muro che segnava di nuovo 18°.

Johnny, ottimista per natura, considerò quello un chiaro segnale di ritorno alla normalità.

L’orologio digitale proiettava sulla parete le 3:00 in punto.

Decise di fare un giro per casa. 

Si diresse verso la cucina, si guardava intorno e procedeva lentamente, con circospezione, come un detective sul luogo del delitto.

Tutto era al proprio posto.

Tutto come lo aveva lasciato qualche ora prima.

Si diresse verso il bagno, anche perché ne aveva proprio bisogno, diede una piccola spinta alla porta che era socchiusa, alzò gli occhi verso il grande specchio posto al di sopra dei due bianchi lavabi, ed ebbe un sobbalzo così violento che dovette deglutire più volte per non rischiare di vomitarsi addosso per lo spavento.

Impietrito dal terrore Johnny continuava a rileggere quella strana frase scritta a caratteri cubitali sullo specchio:

TUSPEHSTAH

Nonostante avvertisse ora una sensazione di gelo, si accorse di essere sudato dalla testa ai piedi. Goccioline di sudore scendevano lentamente dalla sue tempie verso  il collo.  Sopra il labbro goccioline di sudore brillavano come brina mattutina in quella improbabile atmosfera notturna.

Johnny cercò di riprendersi, si fece forza e si avvicinò lentamente allo specchio che rifletteva l’espressione terrorizzata del suo viso, il sudore continuava a gocciolare, i capelli arruffati, gli occhi stralunati.

Il suo dito indice si avvicinò alla frase quasi per verificarne l’effettiva esistenza. Toccò la prima lettera, ebbe un brivido, ritrasse immediatamente il dito. Non aveva mai visto nulla di simile. Una polverina di colore verde brillante formava i caratteri di quella misteriosa frase.

Un po’ di quella polverina era ora sulla punta del suo dito indice che Johnny aveva avvicinato verso il suo naso per osservarla attentamente.

Avvicinò il pollice all’indice e provò a strofinare la polverina per valutarne la consistenza. Sembrava farina dai riflessi verdi.

Ora tutta la sua mano pareva trasparente. Johnny la teneva aperta davanti ai suoi occhi e continuava a ruotarla, incredulo per tutto quello che gli stava accadendo.

In un attimo si sentì completamente pervaso da un senso di benessere, il sudore sembrò vaporizzarsi, gli occhi tornarono ad avere la luce di sempre, una forza ultraterrena si stava manifestando in tutto il suo corpo.

Il terrore che fino a pochi istanti prima si era impossessato della sua mente si era trasformato in una sensazione di onnipotenza.

Tornò a letto. Come un automa. Come se nulla fosse accaduto.

 

 

Cap. II

 

LA VISIONE

 

La voce di Platinette arrivò puntuale alle 7:30 a svegliare Johnny. La sua radiosveglia era sintonizzata sempre su Radio Deejay ed era programmata ad accendersi a quell’ora.

How deep is your love eseguita dai Bee Gees era proprio quello che ci voleva per iniziare quella giornata che si preannunciava molto speciale.

Johnny, aprì gli occhi, fissò il soffitto ed ebbe una strana sensazione. Aveva sognato qualcosa ma non riusciva a ricordare cosa.

Non poteva essere stato un incubo perché in quel caso avrebbe avvertito sintomi di stanchezza e di nervosismo. Invece si sentiva rilassato, felice, pieno di energia.

Si sforzò di ricordare ma non ci riuscì. Balzò allora dal letto e si diresse verso il bagno.

Tutto in ordine.

Entrò nella cabina doccia e girò la manopola del miscelatore. Le prime gocce di acqua fredda lo trovarono impreparato. Ebbe un sussulto, mitigato subito dopo, da un bramato getto di acqua calda.

Si insaponava e canticchiava Johnny. Il motivetto era quello dei Bee Gees che ora non poteva più udire perché coperto dal rumore dell’acqua.

Uscì dalla cabina doccia, si infilò il suo accappatoio blu e nero, i colori della sua squadra del cuore, e si diresse in cucina.

Mentre preparava il caffè, il barattolo di nutella da 750 gr. troneggiava sul tavolo tondo della cucina accanto ai suoi biscotti preferiti: le macine.

Johnny era molto goloso. Adorava spalmare la nutella su quei biscotti che affogava poi in una tazza di latte e caffè. Con un cucchiaino amava ripescare quella bontà che faceva sciogliere lentamente in bocca.

Tre cose facevano impazzire Johnny: le donne, la sua moto e la nutella.

Dopo l’abbondante colazione Johnny si trovò di fronte al suo armadio aperto con il solito dilemma. Come mi vesto?

Era legato a jeans e maglioncino ma in quell’occasione almeno una giacca e una camicia doveva proprio indossarle.

Scelse una camicia bianca botton-down e una giacca sportiva di colore blu scuro.

Con le calzature la faccenda si complicò. Non aveva mai avuto un buon rapporto con le scarpe. Indossava da molti anni solo scarpette sportive della Nike, ne aveva una dozzina di paia.

Si infilò, quindi, un paio di Nike shox e si vide pronto.

Comode, pratiche e, secondo il suo punto di vista, eleganti. Perfetto!

Un’occhiata veloce all’orologio digitale rassicurò Johnny . Erano le 8:10, doveva essere a Roma in Via Marconi alle 9:00.

Infilò velocemente, sulla giacca blu, un abbondante giubbetto di pelle. La sua fedele moto Ducati 900 sport lo attendeva in garage.

Con quel mostro sarebbe arrivato in largo anticipo.

La testa di Johnny sparì sotto il casco integrale. Cavalcò la sua Ducati.

Un rombo inconfondibile testimoniò l’avviò della moto. Ogni volta che ascoltava quel rumore era pervaso da un senso di euforia.

In un attimo si trovo sulla braccianese, direzione Roma.

Il traffico, che a quell’ora era abbastanza sostenuto, per Johnny non era un grosso problema. Grazie all’agilità di quel mezzo riusciva ad infilarsi dovunque.

Lasciata la braccianese, all’imbocco della Cassia Johnny si trovò dietro un autobus dell’ATAC. Dall’ampio vetro posteriore del mezzo intravide qualcosa di strano.

Una figura femminile. Si, era proprio una donna, alta, vestita come … come … come una principessa dell’antico Egitto, pensò Johnny, ma non riusciva a distinguerla bene a causa dei riflessi del vetro.

Carnevale è passato!  

Mentre lo pensava, sorpassò l’ingombrante mezzo.

Lungo la Cassia, prima di imboccare il Grande Raccordo Anulare, Johnny, fermo ad un semaforo rosso, ebbe un flashback.

Ricordò qualcosa del sogno di quella notte.

Un lampo, un bagliore dal colore bianco accecante con dei riflessi verde brillante.

Stava ripensando al sogno quando il clacson di una BMW, seguito da una frase urlata <<aho ce dici che colore te piace pe passà”>>, lo fece, fortunatamente, tornare alla realtà e rendersi conto che il semaforo doveva essere verde da un bel pezzo.

Imboccò il GRA e continuò a correre verso il suo futuro.

Erano le 8:50 quando Johnny si tolse il casco dopo aver parcheggiato la sua Ducati in un ampio piazzale di via Marconi. Una tabella con fondo giallo con su scritto AIRDBIR con dei caratteri color oro testimoniava la destinazione raggiunta.

Era un palazzone moderno di otto piani, una costruzione abbastanza recente fatta di vetri e metallo, ricordava un po’ la struttura delle twin towers.

Si infilò nel portone principale dove un agente della sicurezza alto almeno quindici centimentri più di lui e con due spalle da culturista, lo seguiva con lo sguardo.

Johnny gli si avvicinò.

<<Desidera?>>

<<Mi chiamo Johnny Ciad, avrei un appuntamento con l’ingegnere Bellisari>>

<<Un attimo>>

L’energumeno azionò un interfono, compose un numero di due cifre.

<<Ingegnere qui all’ingresso c’è il signor Ciad, Johnny Ciad>>

pausa

<<Bene ingegnere. D’accordo.>>

Lasciò velocemente l’interfono e si rivolse a Johnny.

<<Mi scusi dottor Ciad non ero stato avvisato del suo arrivo, potrebbe favorirmi cortesemente un documento?>>

Johnny sfilò dalla tasca posteriore destra dei jeans il portafogli, estrasse la carta d’identità e la consegnò alla guardia.

<<Bene dottor Ciad può entrare, l’ingegnere la sta aspettando. Prenda l’ascensore in fondo a destra, oltre la vetrata d’ingresso, ottavo piano.>>

<<Grazie>>, rispose Johnny.

Si diresse verso l’enorme vetrata che separava la postazione della vigilanza con l’ingresso vero e proprio della struttura. Non appena fu a circa due metri dalla vetrata le porte si aprirono automaticamente scivolando dolcemente versi i lati.

L’immagine che venne in mente a Johnny fu quella della prima volta con Lisa quando lei, una sera, lo portò a casa sua.

Appena entrati Lisa lo fece accomodare su una poltrona in alcantara molto comoda. Lo invitò a versarsi qualcosa da bere.

<<Ho bisogno di una doccia calda>> disse Lisa avviandosi verso la porta del bagno <<…e non muoverti da quella poltrona!>> replicò con tono scherzoso.

Johnny non beveva superalcolici ma in quell’occasione era il caso di fare un’eccezione. Si versò un po’ di cognac.

Ricordava anche il CD che Lisa aveva avviato prima di sparire dietro la porta del bagno.

Un intramontabile capolavoro dei Pink Floyd: Shine on your crazy diamond.

L’atmosfera di quella sera era per Johnny qualcosa di indimenticabile che conservava dentro di sé come uno dei ricordi più preziosi.

Lisa riapparve come la Venere del Botticelli avvolta in un accappatoio bianco, ma di un bianco che pareva essere ricamato di pura luce.

Tra il cognac, la musica dei Pink Floyd, l’atmosfera irreale e la straordinaria bellezza di Lisa seminuda, Johnny stava quasi per collassare.

Fu in quel preciso istante che, senza dire nemmeno una parola, Lisa aprì l’accappatoio facendolo scivolare dolcemente ai suoi piedi.

Forse il paragone era un po’ azzardato ma in quel momento a Johnny l’apertura di quella vetrata che scopriva un ambiente di tale bellezza ricordava fortemente quell’emozione.

In quel preciso istante ebbe un secondo flashback. Di nuovo il sogno della notte precedente.

Uno specchio. Un nome: TUSPEHSTAH.

Ma che c… mi sta succedendo!?

Evitò di insistere nella ricerca di altri elementi che facessero parte di quel sogno così singolare e continuò a camminare.

In quel momento non poteva permettersi di pensare ad altro.

<<In fondo a destra>> aveva detto l’energumeno.

Infatti eccolo lì l’ascensore. Era già al piano.

Johnny entrò e pigiò il grande pulsante quadrato con il numero otto.

Silenziosamente le porte si chiusero e altrettanto silenziosamente fu trasportato all’ottavo piano accompagnato da una piacevolissima musica di sottofondo che proveniva probabilmente da un impianto di filodiffusione.

Un tipico ascensore di lusso.

Un ding molto discreto annunciò l’arrivo al piano e l’apertura delle porte.

Uscì dall’ascensore.

 

Cap. III

 

LA RIVELAZIONE

 

L’elegantissimo e larghissimo corridoio era deserto. Non un rumore non un bisbiglio.

Un profumo di incenso, un aroma simile al patchouli, arrivò con prepotenza alle narici di Johnny. Gli sembrò di esser entrato in uno di quei locali notturni un po’ troppo chic dove, qualche volta, lo aveva trascinato Saverio, il suo più caro amico.

Di fronte a lui un grande specchio con una massiccia cornice di ottone damascato rifletteva la sua immagine … e non solo!.

Johnny era bloccato.

Vedeva concretizzarsi ciò che aveva appena ricordato nel sogno della notte precedente.

Quella frase.

Il riflesso dello specchio dell’ascensore nel grande specchio dalla imponente cornice attaccato alla parete.

TUSPEHSTAH riflesso nello specchio appariva come HATSHEPSUT.

Quel nome Johnny lo aveva già sentito. Aveva letto qualcosa quando frequentava il liceo. Ricordò.

La regina, o il re Hatshepsut, come certamente avrebbe preferito essere ricordata, regnò sull'Egitto della diciottesima dinastia per più di vent' anni.

Fu una donna notevole.

Figlia maggiore del re Thutmosis I, sposata al fratellastro Thutmosis II e tutrice del giovane fratellastro-nipote Thutmosis III, Hatshepsut riuscì in un modo o nell'altro a sfidare la tradizione e a installarsi saldamente sul trono divino dei faraoni.

A partire da quel momento Hatshepsut divenne la personificazione femminile di un ruolo maschile, rappresentata, unica nella storia, sia come donna che come uomo, vestita con abiti maschili, dotata di accessori maschili e addirittura della barba finta tradizionalmente esibita dai faraoni.

Il suo regno, un'epoca in cui la pace interna, l'esplorazione di paesi stranieri e la costruzione di edifici monumentali trovarono un attento e delicato equilibrio, fu sotto tutti i punti di vista  un tipico regime del Nuovo Regno.

Sotto di lei l'Egitto prosperò.

Eppure, dopo la sua morte, si cercò con ogni mezzo di cancellare il suo nome e la sua immagine dalla storia dell'Egitto.

I monumenti di Hatshepsut furono abbattuti o usurpati da altri, i ritratti distrutti e il nome cancellato dalla storia e dall'elenco ufficiale dei re egizi.

Ma qualcosa rimase: Manetone, menzionò un faraone donna, di nome Amense o Amensis, come quinto sovrano della XVIII dinastia.

E da lì rinacque Hatshepsut.

 

Si voltò di scatto verso l’ascensore ma era tardi. Le porte si erano già richiuse. L’ascensore era stato richiamato.

Si rigirò verso il grande specchio che rifletteva la sua immagine dal volto spaventato, gli occhi spalancati, la bocca semiaperta e la fronte sudata.

In un attimo il riflesso del suo volto, come in un morphing elaborato dal computer, si tramutò lentamente in un volto femminile di una donna bellissima.

 Hatshepsut !

Lineamenti così dolci, eleganti e seducenti Johnny non ne aveva mai visti.

Rimase incantato da quel volto bellissimo, affascinante, attraente.

I suoi occhi erano alla stessa altezza di quelli della misteriosa figura femminile che continuava a fissarlo come se volesse indurlo in uno stato di ipnosi.

Un contatto mentale doveva essersi stabilito perché Johnny sentiva quella voce senza che il volto della donna riflessa nello specchio muovesse le labbra.

Una voce calda, leggermente roca, ammaliante.

<< ... la trentaseiesima reincarnazione aprirà il varco ..Johnny Ciad … tu aprirai il varco .. tu sei l’eletto .. così è scritto>>

Scivolò a terra Johnny. Cadde in uno stato di semicoscienza.

Dopo qualche istante sentì distintamente un rumore di passi provenire dal fondo del lungo corridoio. Si rimise in piedi.

Lo specchio ora rifletteva solo la sua immagine. Ne approfittò per passarsi le mani nei capelli e darsi una sistemata.

Quelle parole per lui non avevano nessun senso.

Dubitò di averle udite. Forse era la sua immaginazione che gli stava giocando  un brutto scherzo.

In quel momento l’ing. Bellisari sbucava dal fondo del corridoio.

<<dott. Ciad pensavo si fosse perso!>>

Johnny capì immediatamente chi fosse.

<<Mi scusi ingegnere ma ho avuto qualche problema con l’ascensore>>. Fu la prima cosa che gli venne in testa di dire per giustificarsi del ritardo.

<< vieni vieni che facciamo due chiacchiere. Ti dispiace se ci diamo del tu?>>

Johnny strinse la testa tra le spalle come a voler dire “se va bene a lei !

Bellisari lo prese sottobraccio e si avviarono verso il suo ufficio.

L’ingegnere aveva all’incirca sessant’ anni, non era un uomo bellissimo, era di altezza media e con pochi capelli, ma il suo modo di fare lo rendeva molto simpatico. La sua cordialità infondeva sicurezza.

Che volesse mettere Johnny a proprio agio ormai era chiaro, certo non poteva immaginare ciò che gli stava capitando.

Entrarono in un ufficio che aveva l’aspetto molto più dimesso di quello che Johnny si aspettava. Elegante ma modesto.

<<Accomodati pure Johnny, ti va un caffè>>

<<volentieri  ……>> In quel momento si accorse di non conoscere il nome dell’ing. Bellisari.

<<Carlo,… chiamami Carlo>>

 <<volentieri … Carlo !>> replicò Johnny.

Un bel caffè era proprio quello che ci voleva per riprendersi un po’.

Bellisari alzò il telefono e con voce più calda del solito si rivolse alla sua segretaria.

<<Lisa, potresti cortesemente far preparare due caffè? Grazie.>>

Johnny impallidì. Quel nome! Possibile?!

Tra tanti nomi proprio quello?. No, non poteva essere!. Era un caso.

E se fosse la MIA Lisa?

No!. Decise che non era possibile.

Per un attimo pensò a quanto poteva essere beffardo ed imprevedibile il destino.

<<E’ una mia impressione o sei un po’ teso? … guarda che non ne hai motivo, ormai sei dei nostri, cerca di rilassarti>> disse Bellisari.

<<Guarda Carlo che fino a qualche ora fa ero tranquillissimo … poi sono successe una serie di cose .. anzi la storia  è iniziata questa notte ma …  ma   ...  insomma è difficile da spiegare senza correre il rischio di essere preso per matto>>

<<e cosa mai ti sarà capitato!?>> replicò Bellisari ormai molto incuriosito da quanto appena detto da Johnny.

<<Una specie di incubo  … e poi come delle … delle … insomma delle visioni o qualcosa di simile!>>

Bellisari passò da un atteggiamento di curiosità ad uno di apprensione.

<<Scusami Johnny, ma non è per caso che ieri sera hai fatto baldoria da qualche parte e …>>

<<no, no … >> lo interruppe Johnny <<ieri sera sono stato a casa e sono andato a letto abbastanza presto>>

<<Ascolta Johnny, ti dico il programma della mattinata. Dopo il caffè ti accompagno nel tuo ufficio, ti presento i collaboratori più stretti e poi ti lascio fare un giro in modo che tu possa ambientarti e rilassarti. Dopodiché …>>

Bellisari non fece in tempo a concludere la frase. La voce della segretaria, Lisa, arrivò puntuale ad interrompere, piacevolmente, il programma di Bellisari.

<<Posso?>>

Quella voce fu come una scossa elettrica per Johnny, l’avrebbe riconosciuta tra mille altre voci.

Era proprio lei. Lisa!. La sua Lisa.

Bellisari si alzò in piedi <<vieni , vieni Lisa, entra pure …>>

 

Cap. IV

LISA

  

Quando Lisa vide Johnny, il SUO Johnny, ebbe un sussulto che provocò un pericoloso barcollio del vassoio con i due caffè che stava porgendo all’ingegnere Bellisari ed al suo ospite.

Non poteva certo immaginare che l’ospite fosse Johnny e che in realtà non era un cliente ma un nuovo acquisto dell’AIRBIRD.

<<Johnny, ti presento la mia brillante segretaria. Lisa Barilla.>>

<<Lisa, questo è Johnny Ciad. Da oggi è uno dei nostri>>.

Non furono capaci di mascherare il loro imbarazzo. Né Lisa né Johnny.

Si guardarono negli occhi e si strinsero la mano.

Provarono in qualche modo a uscire da quella improbabile situazione con uno strano movimento della testa come due giapponesi che uniscono alla stretta di mano un reverenziale inchino. Lo fecero abbozzandosi un sorriso.

Bellisari intuì qualcosa ma non volle interrompere quella originale presentazione. Restò in silenzio. Quasi aspettasse una spiegazione.

Non era uno bravo a mentire Johnny. Lisa lo conosceva bene. Le bugie gli si leggevano in faccia. Quella situazione doveva essere chiarita, … immediatamente!.

Johnny e Lisa ora guardavano nella direzione di Bellisari. Il loro sguardo e la loro espressione  non aveva bisogno di molte spiegazioni.

Quei due si conoscevano!

E a giudicare dagli sguardi dovevano conoscersi MOLTO bene.

Fu Bellisari ad interrompere quello strano rito. <<Scusate, mi sta sfuggendo qualcosa o voi due già vi conoscete?>>

<<No, non ti sbagli>> disse Johnny <<Io e Lisa ci conosciamo benissimo. Siamo stati insieme per un po’ di tempo … poi ….>>

<< … poi sei sparito all’improvviso, senza nemmeno una spiegazione, un chiarimento, una telefonata!>> ribatté Lisa.

<<Ma tu guarda che strana coincidenza>> disse Bellisari <<due ex fidanzati che si ritrovano a lavorare nello stesso posto! ... Certo non si può dire che capita tutti giorni! … Una coincidenza più unica che rara … spero però non vogliate continuare a rimbeccarvi qui adesso! … che ne direste di sedervi un attimo?>>

Johnny e Lisa, sempre più imbarazzati, seguirono l’invito di Bellisari che aggiunse <<Lisa tu l’hai già preso il caffè>>

<<Si, grazie>> rispose Lisa

<<Allora, prima che si raffreddi ulteriormente, gradiremmo prenderlo anche noi … vero Johnny?>>

<<Si, molto volentieri>> rispose Johnny

Fu Lisa a porgere il vassoio, prima a Bellisari e poi al suo Johnny.

<<Ascoltate ragazzi, poiché questa insolita mattinata ci sta riservando un po’ troppe sorprese suggerirei di fare il punto della situazione con calma … Lisa, ti prego,  mostra a Johnny il suo ufficio ed aspettatemi lì. Io vi raggiungo fra venti minuti così avrete anche modo di chiacchierare un po’ delle vostre cose … >>

 Bellisari si mostrò gentile e comprensivo. Come al solito.

<<… anche perché Johnny deve terminare di raccontarmi la storia del sogno!>>

<<Quale sogno?>> disse Lisa.

Johnny la ignorò e rivolgendosi a Bellisari si congedò <<Grazie Carlo, ci vediamo più tardi così potrò raccontarti, molto volentieri, quello che mi sta capitando>>.

Di nuovo Lisa <<ma perché che cosa ti sta capitando?>>

<<Lascia stare Lisa>> replicò Johnny spingendola verso la porta.

<<Per ora fammi vedere dov’è il mio ufficio. Poi ti racconterò tutto. Andiamo.>>

Lisa e Johnny, mano nella mano, si avviarono versò il lungo corridoio che portava verso il lato nord dell’edificio.

A tutti e due parve di non essersi mai lasciati. La mano di Johnny stringeva con sicurezza la mano di Lisa con la consapevolezza di chi non l’avrebbe  mollata mai più.

Arrivarono in un ufficio molto più elegante rispetto a quello di Bellisari.

Stava per iniziare a dire qualcosa Johnny quando Lisa , dopo aver chiuso la porta alle loro spalle, lo congelò con un secco <<Lo sai che sei uno stronzo sì?

Johnny sapeva benissimo quanto Lisa avesse ragione.

<<Sì, hai ragione Lisa, ma ti assicuro che in questo momento ho bisogno di te più di ogni altra cosa al mondo. Giuro che in mattinata ti avrei chiamato.>>

<<Non so perché ma ho la sensazione di leggere nei tuoi occhi una strana e insolita luce di franchezza!. … ma mi fai capire perché sei sparito? Alle mie telefonate non hai più risposto, le mie e-mail le hai ignorate… poi ti ritrovo qui alla AIRBIRD come responsabile proprio del mio settore …>>

<< Cosa?>> disse Johnny

<<Bè non vorrai farmi credere che non sai nemmeno che ruolo ti è stato assegnato!>>

<<Guarda Lisa che lo sto apprendendo in questo momento da te, con Bellisari avevamo appena iniziato a parlare … poi tra la storia del sogno … e l’ascensore … e lo specchio … e poi ancora quest’altro fatto imprevedibile …>>

<<Quindi io sarei un “imprevisto?” >> replicò, un po’ urtata, Lisa,

<<Ma no Lisa, scusami, non volevo dire questo, anzi  in questo momento non desidero altro che stare con te! >> la tranquillizzò Johnny

<< … comunque  ti comunico che non ho afferrato nulla di quello che stai farfugliando, tra sogni, incubi, specchi  e ascensori spero che tu riesca a spiegarti!>> ribatté Lisa.

Johnny fece un respiro profondo ed invitò Lisa a sedersi.

Iniziò il suo racconto a partire dalla sera precedente e man mano che raccontava, gli occhi di Lisa sembravano diventare sempre più grandi.

Se ne stava lì ad ascoltare, rapita da quella strana storia, con gli occhi spalancati e la bocca aperta.

Sapeva benissimo che Johnny non era avvezzo alle droghe e nemmeno all’alcol per cui quello che raccontava lo faceva in piena lucidità. Mai avrebbe avuto la capacità di inventarsi una storia assurda come quella.

Terminato il racconto, Johnny si accorse di essere di nuovo sudato.

<<HATSHEPSUT sai chi era?>> disse, rivolgendosi a Lisa

<<Nnnn .. no>> balbettò Lisa

<<Era una Regina Egiziana nell’epoca dei faraoni … regnò per venti anni … divenne la personificazione femminile di un ruolo maschile, rappresentata, unica nella storia, sia come donna che come uomo … dopo la sua morte si cercò con ogni mezzo di cancellare il suo nome e la sua immagine dalla storia dell'Egitto>>

<<tutto questo è assurdo!.>> esclamò Lisa <<Ma cosa c’entri tu con questa regina e con l’Egitto?>>

<<Non ne ho la minima idea>> replicò Johnny

<<Ma allora la visione che hai avuto nell’autobus…? … e anche l’immagine nello specchio del corridoio! …>>

<<E’ assurdo ma credo fosse proprio  lei! …o meglio, il suo spirito! >> disse Johnny

<<è lì che ho percepito quella frase... “la trentaseiesima reincarnazione aprirà il varco .. tu aprirai il varco .. tu sei l’eletto .. così è scritto”>>

<<Sì ma l’eletto per cosa? ... e quale varco? ..>> aggiunse Lisa

<<è inutile che continui a farmi queste domande Lisa. Questa storia mi farà impazzire!..>>

In quel momento il volto di Lisa parve illuminarsi.

Johnny colse all’istante il cambiamento di espressione del volto di Lisa. Non ebbe il tempo di aprire bocca per poter chiedere spiegazioni su cosa le stesse frullando per la testa quando Lisa gli urlò in faccia <<Il professor Giannini!!! Enzo Giannini, l’egittologo!>>

All’università, alla facoltà di architettura, aveva conosciuto un ricercatore con la passione per l’antico Egitto. Non a caso lo chiamavano “l’egittologo”.

Aveva partecipato a diverse spedizioni e aveva scritto molte cose a riguardo. Forse aveva pubblicato anche dei libri. Così le sembrò di ricordare.

In quel momento la porta si aprì.

Bellisari, avendo udito l’urlo di Lisa, entrò senza bussare. Era in apprensione.

<<Ragazzi, tutto bene?>> disse timidamente.

<<Sì, tutto bene  … o quasi!>>  rispose subito Johnny. Lisa annuì.

<<è quel “quasi” che mi preoccupa>> aggiunse Bellisari <<ma sono certo che riusciremo a risolvere tutto … vero Johnny?>>

<<Lo spero>> replicò Johnny.

Bellisari ormai si comportava con un vecchio zio premuroso. Aveva la netta sensazione che quei due ragazzi erano fatti l’uno per l’altro.

<<Allora Johnny, prima di ascoltare il resto del tuo racconto sul sogno di questa notte, delle visioni e di tutto quello che ti sta accadendo, vorrei informarti sul tuo ruolo all’interno dell’AIRBIRD. Ho deciso di affidarti un settore strategico per il futuro di quest’azienda. Ti occuperai del settore di ricerca di nuovi materiali, che, casualmente, è anche il settore dove lavora Lisa. Spero che questo non rappresenti per te un problema!>>

<<Bè Carlo…>> rispose Johnny <<…come potrebbe essere un problema occuparmi di qualcosa che ho sognato da una vita e poi poterlo svolgere avendo vicino la donna che amo!>>

Lisa che era rimasta lì ad ascoltare arrossì. Avvertì una sensazione di calore che partiva dal suo cuore e si propagava in tutte le direzioni nel suo corpo.

Era la prima volta che sentiva Johnny pronunciare quella frase.

Decise di congedarsi.

<<Scusatemi ma io avrei da fare una cosa importante. Se avete bisogno di me chiamatemi>> Uscendo, il suo sguardo si incrociò con quello di Johnny.

In quello sguardo ci fu la risposta alle parole udite pronunciare da Johnny “anch’io ti amo Johnny, ti amo da morire!”.

Johnny intuì che Lisa aveva qualcosa in mente!.

Intuì che “la cosa importante da fare” a cui si riferiva Lisa aveva a che fare con quel professor Giannini.

Bellisari e Johnny, rimasti soli, ebbero modo di parlare di strategie aziendali di programmi e di progetti futuri. Johnny fu messo anche al corrente del nuovo progetto “INFINITY SPACE” diretto proprio da Bellisari al quale avrebbe dovuto partecipare anche lui.

<<Domani ti farò avere tutta la documentazione tecnica>> disse Bellisari a Johnny.

<<Da te mi aspetto grandi cose ragazzo!>> aggiunse Bellisari

<<Ricordati che potrai contare su di me per ogni tipo di difficoltà che incontrerai …  e poi …>>

Bellisari fece una pausa un po’ troppo lunga che insospettì Johnny e lo indusse a replicare <<e poi cosa?>>

<<e poi … poi devo dirti anch’io qualcosa Johnny… qualcosa a cui non avevo dato peso fin quando non sei arrivato tu con la tua nottataccia … insomma … stanotte anche a me è capitato un sogno insolito>> continuò Bellisari <<non so se sia una coincidenza, però ricordo benissimo una donna e .. quella frase … che mi ha sussurrato con quella voce così penetrante, ammaliante!>>

Johnny rabbrividì ma ebbe la forza di replicare? <<quale frase?>>

<<conoscerai l’eletto … … lo aiuterai nella sua missione!>>

Gli occhi di Johnny in quel momento manifestarono tutto il suo stato di inquietudine. Riprese a sudare.

Bellisari continuò <<Johnny , so che sembra irrazionale, ma è evidente che tra quello che è accaduto a te stanotte e quello che ho sognato io ci sia una stretta relazione! … Non so come e non so perché ma in qualche modo scopriremo che senso ha tutto questo… ma ora, ti prego, raccontami per bene tutto daccapo>>

Facendosi forza, Johnny,  raccontò nei minimi dettagli a Bellisari tutto quello che gli stava capitando. Dalla notte precedente fino all’uscita dall’ascensore nella sede dell’AIRBIRD.

Ora era Bellisari a mostrarsi impaurito da quella storia che accomunava un maturo ingegnere aerospaziale che fino ad allora aveva avuto una vita tranquilla e lineare a quella di un giovane ragazzo, anch’esso ingegnere aerospaziale alle prime armi, a cui stava accadendo qualcosa di misterioso ed inimmaginabile.

<<Suppongo che tu abbia già messo al corrente Lisa di questa storia>> disse Bellisari

<<Certo>> rispose Johnny <<a questo punto siamo in tre ad essere al corrente di questa specie di incubo!>>

<<Johnny, io penso che dovremmo parlarne con qualcun altro, … non so, un esperto di queste cose!! … >> aggiunse Bellisari

<<Non vorrei sbagliarmi ma, conoscendo Lisa , penso si sia già messa in moto>> replicò Johnny <<poco fa mi parlava di un certo professor Giannini, esperto in egittologia o qualcosa simile. Sicuramente starà già cercando di mettersi in contatto con lui. >>

In quel momento bussarono alla porta.

<<Scommetti che è Lisa?>> disse Johnny rivolgendosi a Bellisari.  <<Avanti!>>

La porta si aprì.

Infatti era Lisa. Johnny non si era sbagliato.

Aveva in mano un bigliettino.

 <<Johnny, stasera abbiamo un appuntamento con il prof. Giannini, alle 19:30 in Piazza Buenos Aires, “Piazza quadrata” per i romani. Ti sta bene?>>.

Johnny sorrise.

<<Si, certo che mi sta bene >> rispose Johnny <<conosco bene Piazza quadrata, è vicino Via Tagliamento all’altezza del Piper. … … Non avevo dubbi che ti saresti subito messa all’opera … l’avevo intuito e sperato! … … Hai visto Carlo, cosa ti avevo detto?>>

<<Si ragazzi … ma … vi dispiace se vengo anch’io?>> replicò Bellisari con aria indiscreta <<ho l’impressione che “qualcuno” o “qualcosa” che ancora non riusciamo a definire, dopo averci fatto incontrare, vuole guidarci da qualche parte. Non so cosa scopriremo e cosa faremo ma credo che la cosa giusta da fare è restare insieme e valutare con attenzione gli eventi>>

Lisa ascoltava rapita le parole di Bellisari.

Capì che, fortunatamente, Bellisari aveva creduto e preso a cuore quello che stava accadendo a Johnny.

Capì che da quel momento la loro vita non sarebbe stata più la stessa.

 

Cap. V

IL PROFESSORE

  

La mattinata era trascorsa velocemente.

Erano quasi le due, l’ora della pausa pranzo.

Si ritrovarono al bar interno all’azienda Johnny e Bellisari, al primo piano, per poter mangiare qualcosa e continuare a chiacchierare.

Quando Lisa arrivò nella sala bar, loro due si erano già accomodati ad un tavolo tondo abbastanza distante dall’ingresso principale, un po’ in disparte, per poter chiacchierare tranquillamente.

Johnny vide entrare Lisa. Lei continuava a guardare da tutte le parti meno che nella loro direzione. Lui fece cenno con una mano ma non riuscì a farsi notare. Si alzò in piedi e inizio a sventolare le braccia come un assistente di pista intento a fornire indicazioni di manovra ad  un aereo dopo l’atterraggio.

Finalmente il sorriso di Lisa arrivò puntuale.  La manovra di Johnny era riuscita.

Li raggiunse.

Mentre Johnny si spostava per farle posto, lei riuscì ad accarezzargli i capelli. Johnny le sorrise.

Sulla parete di fronte, un televisore al plasma da 42 pollici proiettava immagini veloci e mute.

<<Avete già ordinato?>> disse Lisa

<<Certo che no!>> ripose Bellisari <<ti stavamo aspettando…>>

Detto questo, fece un solo gesto con la mano, come ad indicare il soffitto con il dito indice, ed immediatamente arrivò un cameriere.

<<Dica pure ingegnere cosa posso servirvi?>> disse il cameriere

<<se permettete ordino io … vi fidate?>> disse Bellisari rivolgendosi a Johnny e Lisa.

<<fai pure, grazie!!>> ripose Johnny

<<per me va benissimo>> aggiunse Lisa

<<Allora Ettore>> disse Bellisari rivolgendosi al cameriere <<portaci delle pizzette al formaggio e un vassoio di quei tramezzini che sai tu >>

<<bene ingegnere>> rispose il cameriere << e da bere cosa vi porto?>>

<<birra va bene ragazzi? … >> replicò Bellisari

Johnny e Lisa annuirono.

<<Bene, datemi due minuti>> disse il cameriere prima di congedarsi.

La tv continuava, inesorabile, a vomitare immagini di ogni genere.

Immagini di guerra, di cortei di protesta, di facce contrite di gente esasperata, di code di automobili, di incidenti, di stadi come campi di battaglia, di autoambulanze, di disastri di ogni genere.

Fortunatamente, pensò Johnny, non c’è audio. Più che un TG sembrava un bollettino di guerra che contrastava e rendeva meno saporito l’ottimo tramezzino al salmone che stava gustando.

Non poteva immaginare Johnny che qualcosa di più inquietante stava per rovinargli l’appetito.

Fu quando lo schermo divenne di colpo di colore verde che Johnny smise di masticare. Per una attimo pensò ad un guasto, ma poi…

<<Lisa, Carlo, guardate!>> esclamò. Sullo sfondo verde del plasma era apparsa una testa di un faraone egiziano … anzi no … era una donna egiziana!

Due, tre secondi al massimo .. poi scomparve.

<<Avete visto porca putt….>> sbottò Johnny.

Lisa e Bellisari erano impalliditi. Non riuscivano a parlare.

Nessun altro nella sala si era accorto di nulla. Solo loro tre avevano visto quell’immagine, quel volto!.

Lisa sembrava essere quella maggiormente terrorizzata da quello che stava accadendo. Johnny capì a la strinse verso di sé

<<stai tranquilla>> le disse <<vedrai che troveremo una spiegazione a tutto questo … … almeno lo spero!>>

Bellisari bevve tutto d’un fiato il resto della birra che gli era rimasta nel bicchiere <<questa storia mi porterà alla neuro!>>  bofonchiò .

Andare a fare quattro chiacchiere con il prof. Giannini, era sempre più urgente, forse l’unico che avrebbe potuto aiutare a capire cosa stesse accadendo.

<<Ascoltate ragazzi…>> replicò Bellisari <<.. che ne direste di anticipare l’appuntamento con questo professor Giannini. Visto la situazione penso proprio che ci troviamo a defcon 3 e, sinceramente, in questo momento non sono in grado di starmene seduto qui ad aspettare le 19:30>>

<<Bè almeno proviamoci>> replicò Johnny.

Lisa annuì e aggiunse <<intanto io vedo di ricontattare il professore. Almeno provo ad avvisarlo!>>

<<Ok ! allora torniamo in ufficio e ci troviamo all’ingresso principale… diciamo tra …  tra dieci minuti esatti>> concluse Bellisari.

Così fecero.

� �

Quando Bellisari comparve sulla soglia dell’ingresso principale, Johnny e Lisa erano già lì ad attenderlo a pochi metri dalla guardiola dove l’energumeno continuava a tenere tutto sotto controllo.

<Miki, se dovessero cercarmi rispondi che mi trovo fuori sede e che rientrerò lunedì>> disse Bellisari rinvolgendosi all’energumeno.

<<Bene ingegnere non si preoccupi>> replicò immediatamente la guardia.

Lisa aveva provato a ricontattare il professor Giannini ma purtroppo a quel numero rispondeva solo la segreteria telefonica.

Decisero di andare lo stesso. Casomai l’avrebbero cercato altrove o comunque l’avrebbero aspettato sotto casa.

Johnny non potendo prevedere l’incontro con Lisa non era attrezzato con un secondo casco, per cui Lisa dovette seguirlo in auto insieme a Bellisari.

Dove aver inforcato la potente Ducati Johnny fece strada, dirigendosi verso il centro di Roma. Lisa e Bellisari seguirono a ruota.

A quell’ora il traffico romano era abbastanza scorrevole per cui si trovarono molto presto in Via Regina Margherita, direzione Piazza Quadrata.

<<Ferma ferma! Gridò Lisa facendo sobbalzare Bellisari>> Aprì così velocemente la portiera dell’auto di Bellisari precipitandosi fuori, che il poverino non ebbe nemmeno il tempo di aprir bocca.

Lisa correva in direzione di Piazza Galeno. Johnny, che precedeva l’auto di Bellisari, accortosi di quello che stava accadendo, si era fermato e stava curvando per tornare indietro.

Quando raggiunse Bellisari, udirono Lisa che urlava “Professore, professore!!>>

Capirono, finalmente, dove stesse correndo Lisa.

Un colpo di fortuna aveva permesso a Lisa di intravede la figura esile del professor Giannini che stava tornando dalla pausa pranzo.

Johnny e l’ing. Carlo Bellisari, dopo aver parcheggiato auto e moto, si diressero verso i due che avevano iniziato a chiacchierare.

<<Professor Giannini, le presento l’ingegner Carlo Bellisari dell’Airbird e l’ingegner Ciad, Johnny Ciad nuovo assunto all’Airbird, nonché mio fidanzato>> disse Lisa, in maniera frettolosa.

Fu in quel momento che capirono di aver contattato la persona giusta. Proprio quando il professore, rivolgendosi a Johnny disse con tono pacato e sguardo paterno <<ti stavo aspettando caro ragazzo! … da tanto!>>

Dopo i convenevoli furono invitati dal professore a seguirlo.  In meno di dieci minuti si trovarono nel suo studio. A Johnny quei dieci minuti parvero un’eternità. Infatti non fece in tempo ad entrare che, rivolgendosi al professore, disse <<mi scusi professore ma  cosa significa che mi stava aspettando  … da tanto?>>

<<Rispondere alla tua domanda Johnny non è molto semplice>> replicò il professore <<ma penso che valga la pena provarci. Dammi solo qualche minuto per riorganizzare gli impegni del pomeriggio. Poi avremo tempo per pianificare il da farsi>>

Lisa e Bellisari erano come rapiti dalla voce pacata e decisa del professore. Se ne stavano in silenzio come se sapessero che qualcosa stava per accadere. Qualcosa di straordinario.

� �

Ormai era sera quando il professore decise di trasferire l’intera comitiva, non nella sua casa romana, ma a Bracciano, a casa di Johnny.

<<Poi vi spiego >> aveva sussurrato agli ospiti, prima di infilarsi lentamente il suo soprabito color cammello.

Nessuno osò chiedere spiegazioni.

Il professore, ancora una volta, dimostrò di sapere più di quanto non sapessero loro tre messi insieme.

L’ing. Bellisari fece un paio di telefonate e Johnny e Lisa, sempre più sconvolti da quella insolita situazione, si erano già avviati verso la porta.

� �

Dopo poco più di un’ora erano tutti lì, a casa di Johnny.

Lisa era senza parole. Quel vecchio casolare era quasi un rudere quando Johnny, non molti mesi prima, l’aveva portata a farglielo vedere.

Ricordò le parole che lui le aveva sussurrato abbracciandola in maniera decisa dalle spalle appoggiando il mento sulla sua spalla destra <<che ne dici, riesci ad immaginarlo ristrutturato? Non pensi che sia un posto straordinario per viverci insieme?>>

In effetti il posto era davvero un luogo di pace, serenità e bellezza assoluta ma quel rudere Lisa non riusciva proprio ad immaginarlo risistemato.

E invece ora!

Johnny era stato capace di realizzare un sogno. Un sogno al quale lei non aveva voluto credere e per questo, in quel momento, si sentiva in colpa e un pò a disagio.

Johnny comprese immediatamente lo stato d’animo di Lisa, si avvicino a lei, ancora una volta dalle spalle, e l’abbracciò forte. Lisa portò le sue mani su quelle di Johnny, si voltò di scatto e lo baciò con passione.

Furono interrotti dalla voce di Bellisari <<Bèh, ragazzi, non vorrei disturbare …ma penso che il professore ci debba delle spiegazioni, non vi pare?.. Magari potrete continuare più tardi!>> aggiunse  con tono ironico l’ingegnere.

Ma non ci fu tempo di rispondere.

Johnny e Lisa erano ancora abbracciati quando la “luce” tornò. Quel lampo silenzioso, caldo, luminoso, di colore verde intenso, ancora una volta era tornato ad avvolgere la stanza.

<<Ci risiamo!>> riuscì a sbiascicare Johnny mentre continuava a stringere a sé Lisa ancora più forte.

<<E’ il segnale>> aggiunge il professore con tono melodrammatico <<non preoccupatevi non vi accadrà nulla … è lei>>

<<ma lei chi?>> replicò Bellisari, che nel frattempo si era accucciato, terrorizzato, tra il muro e la poltrona di Johnny

<<Hatshepsut>> urlò il professore.

Qualche secondo e continuò <Hatshepsut, ... la trentaseiesima reincarnazione!  Tu aprirai il varco Johnny, tu sei l’eletto … FIGLIO MIO!>>

� �

La luce era andata via.

Regnava ora un silenzio assordante.

Nessuno riusciva a parlare e tutti guardavano Johnny che, staccatosi da Lisa, si diresse verso il professore.

Così come un leone agguanta la sua preda, le mani di Johnny abbrancavano quelle del professore,

<… se stringi ancora un po’, ragazzo, penso che il sangue smetterà di circolare>

Johnny si rese conto di quello che stava facendo e, dopo aver allentato la presa, replicò al professore con tono deciso  <<professore ma che significa tutto questo? … cosa diavolo sta succedendo? …>>

venne subito interrotto dal professore con un  perentorio  <<silenzio e sedetevi tutti!>>>

Bellisari in verità era già seduto da un pezzo e non certo per stanchezza. Avvertì, stranamente, in quel preciso istante, una sensazione di calma innaturale, sensazione mai provata in vita sua. Eppure avrebbe dovuto essere terrorizzato da quello che stava accadendo, ma così non era.

Ora erano tutti seduti, il professore, Johnny, Lisa e Bellisari.

L’atmosfera che regnava, in quel momento, in quella stanza, era a dir poco surreale. Sembrava tutto più luminoso e nel contempo più sbiadito come se quella saetta di luce avesse lasciato una scia di vapore. Anche gli odori che si percepivano erano insoliti. A Johnny venne in mente il primo giorno di scuola. L’odore di matite di libri, di quaderni, l’odore della sua cartella nuova.

E’ incredibile come un aroma, un odore particolare, un profumo possa riaccendere ricordi ormai accantonati e dimenticati in qualche angolo remoto della nostra mente.

Nella testa di Johnny ora c’era solo l’immagine del primo giorno di scuola in quella classe con le mura color pesca; con la sua maestra intenta a regalare sorrisi, carezze e dolci parole a tutti i bambini.

Una immagine nitida, precisa, limpida come gli occhi di Lisa.

Gli occhi di Lisa che lo fissavano <<ma si può sapere a cosa stai pensando?>>

Johnny non fece in tempo a risponderle quando il professore iniziò a parlare.

<<Due settimane. Abbiamo solo due settimane. E’ da tanto che vi aspettavo. Pensavo che ci avrebbero dato più tempo. Più tempo per organizzarci, più tempo per pianificare il Gurimal, più tempo per prepararvi, invece abbiamo solo due settimane ..>>

Johnny, Lisa e Bellisari ascoltavano muti e con gli occhi sempre più spalancati.

Intanto il professore continuava <<…quando tu sei nato Johnny , in quel preciso istante, qualcosa di incredibile è accaduto. Nell’altra dimensione, quella parallela alla nostra, in quella dimensione che tutti ignorano, è accaduto qualcosa di straordinario. E’ accaduto qualcosa che continua ad accadere da milioni di anni e accadrà ancora, in eterno. Ci sarà sempre un prescelto. Non è possibile interrompere la catena. Il prossimo sei tu Johnny. Tu e i tuoi Jaman. Anche loro erano predestinati. Lisa Barilla  e Carlo Bellisari sono i tuoi Jaman. Era tutto scritto>>>.. ….

<<…..il mio nome terreno è Enzo Giannini, ma il mio vero nome è Artek Karez Mekron III  e questa è la mia missione. Grazie a te Johnny ed i tuoi Jaman lo spirito di Hatshepsut potrà continuare a vivere e a sovrintendere ai delicati equilibri tra questa e l’altra dimensione … Tu sei il trentaseiesimo predestinato Johnny ... solo tu puoi aprire il varco, tu sei uno dei nostri figli, sei il prescelto! …  >>

<<Ma ora è il momento di trasferirci. Non a caso ho voluto che quest’incontro si svolgesse in questo posto. Dove sorge questo casal,e dalla trentesima reincarnazione, è stato aperto un varco. Sotto questa casa si celano cose che occhi umani non hanno mai visto né immaginato …  …ma ora chiudete gli occhi …. tenetevi per mano … fra un attimo vi chiederò di contare fino a sette, fatelo in modo sincronizzato senza aprire gli occhi. Al sette sentirete un suono inconfondibile e … capirete tutto!!!>>

<<uno …. due … tre … quattro … cinque … sei …. SETTE!! …>>

… driiinn  … driiiin … driiin  …driiin

Un sobbalzo e Johnny finalmente fu sveglio.

Gli occhi ormai spalancati puntavano il soffitto. Di scatto si mise seduto sul letto. Era sudato, la bocca asciutta, la testa indolenzita, i riflessi appannati

 … driiinn  … driiiin … driiin  …driiiiiiiin

 il campanello della porta continuava ininterrottamente a suonare. 

<<Johnny ci sei? Vuoi aprire questa porta o no?>>

la voce era quella, inconfondibile, di Saverio.

<<Oddio che incubo!! Non è possibile! Non è possibile! …>>  continuava a ripetersi Johnny

<<allora vuoi che la butti giù o ti decidi ad aprire?>> insisteva Saverio

Ebbe la forza di rispondere <<arrivo … arrivo!>>

Quasi non riusciva a stare in piedi. Inciampò ma riuscì lo stesso ad arrivare fino alla serratura della porta.

Aprì.

Quando Saverio lo vide, nonostante l’aspetto stravolto di Johnny, stranamente, non ne rimase colpito.

<<lo sapevo … lo sapevo>> borbottava Saverio

<ma cosa sapevi>> replicò Johnny che nel frattempo era tornato a stendersi sul letto … << … e  smettila di urlare che ho la testa che mi scoppia >>

<<lo sapevo che ti avrei trovato in questo stato, anzi, pensavo peggio!>> aggiunse Saverio 

<<ma si può sapere che cosa vuoi e cosa stai dicendo? … e, soprattutto, che ora è,  porca miseria, alle 9:00 ho un appuntamento importantissimo!>> esclamò Johnny.

<<il doppio cheesburger  che abbiamo mangiato ieri sera …>>  replicò Saverio

 << ..e allora?>> ribatté Johhny

<<qual bastardo di Miki …>>

<<cosa ha fatto Miki??>>>

<<beh, le foglioline verdi che c’erano nel panino non era proprio insalata …>>

<<cosa?  … e cos’era?>>

<<foglie di una strana pianta che coltiva Miki nel suo giardino … però dice che è molto rilassante e non fa male, anzi, ti fa stare molto meglio >>.